Bulldog Gin - Bolder souls

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Bolder souls

IIl talento va usato in spreco, non è una finestra da cui stare a guardare.

Davide
detto Dave, detto Dav, detto in mille altri modi, con altri gruppi musicali, in mille ruoli, dal chitarrista al frontman sfacciato e senza camicia, è l’esempio classico di musicista morso da un’immensa fame di successo.

Si è ritagliato addosso il detto “Potrai raggiungere qualunque traguardo, se sarai pronto a rinunciare a qualunque cosa”, e si è organizzato in modo tale da avere sempre intorno amici che gli impediscano di mollare il colpo. L’ispirazione lo assale di notte, di giorno, alle cinque del mattino, nel pieno del tramonto, un orologio, un tavolo sghembo. Ha imparato presto, Davide, Dave, Dav, che l’ispirazione deve trovarti pronto. E che suonare, provare, suonare e provare è una routine al limite dell’ossessione, ma è l’unica cosa che lo tiene sveglio, vivo, presente.

L’arte è la sua vita.

Lo è anche per Annie, stilista.

Annie
sa di cannella.
Annie indossa una camicia a righe, bottoni automatici color perla, maniche leggermente arrotolate.
Annie non cerca il successo contabile. Pensa che essere creativa nel suo mestiere resti un aggettivo qualificativo e non quantificativo.

Non le interessano la gente fatta di carne e di nulla, le persone cresciute, quelle arrivate, che usano termini stranieri per rendersi credibili, che aprono e chiudono virgolette con le dita, che usano il proprio lavoro come uno scudo per annegare la propria indole. Per Annie il suo lavoro non è uno scudo ma una spada lucente, è un’arte seria, leggera nella forma, pesante nel pensiero. Lavora con se stessa come Nerone lavorava col fuoco, non teme il confronto con la materia rovente, è in continuo conflitto con le proprie ambizioni, che siano sempre all’altezza delle più alte aspettative.

Annie è fidanzata con Jack, tutto denti e sopracciglia.

Jack
vive da sempre nel suo paradiso istantaneo fatto di bombolette spray, muri e disegni. L’ammirazione degli estranei è il suo premio.

Nella sua mente scorrono futuri narrativi vistosamente colorati, irregolari, talvolta scorretti, visioni personali, talvolta una luce troppo lontana dalla portata umana. Sembra sempre nel suo mondo, Jack, eppure non fa paura, ha un sorriso gentile a forma di amicizia e, nonostante la vernice, un buonissimo odore di pulito, quello di chi merita tutta la tua fiducia e di chi il mondo sa conquistarlo senza fretta, con determinazione e lavoro duro.

A immortalare i suoi lavori c’è Andrea.

Andrea
un nome talvolta maschile e talvolta, come nel suo caso, femminile.
Sa perfettamente che il bianco e nero regala intensità alle immagini.
Ma lei se ne frega.

Usa la bellezza, l’allegria come soggetti e i colori saturi, pieni, limpidi come base per il suo personalissimo punto di vista. Nella sua mente ciò che è cupo deve, per contrasto, brillare.

Le lacrime, sorridere.

È pronta ad avvicinarsi alla fuoriserie del conformismo e squarciarle le gomme in nome dell’Arte.

Come il cane odia la catena, lei detesta la banalità, e pur di perseguire la sua strada è pronta al pubblico che non applaude, alla platea vuota, alla mancanza di ammirazione. Anche perché di solito, dopo i primi anni di fatica che hanno il peso della gavetta, il pubblico si spella le mani dagli applausi, la platea straborda di gente e l’ammirazione riempie ogni angolo. Sa di poter osare, perché è consapevole che solo osando riuscirà fino in fondo a essere se stessa.

La pensa così suo fratello, Rudy, bartender in un locale che sembra ultraterreno.

Rudy
La sua bellezza è una specie di trappola da cui è scappato sin da ragazzino.
Lo emozionano gli spirit.

Quando mette mano alle bottiglie e le fa volare per aria.

È fuoriclasse della mixology, è una storia d’amore con il suo lavoro, una passione che pompa il sangue. Lo vedi al lavoro, da fondocampo, e di colpo domina la scena. Un’immaginaria freccia gigante al neon lo illumina al bancone, padrone del suo palco, con una determinazione gelida negli occhi.

Dave, Annie, Jack, Andrea e Rudy.
Conoscete persone più diverse?
Probabilmente sì.

Ma la gente più dura, più determinata, molto spesso ha un elemento in comune: le cicatrici che hanno segnato la loro vita hanno liberato la loro vera voce, la loro ambizione.

Dave, Annie, Jack, Andrea e Rudy sono atleti che saltano a un’altezza sovraumana e poi restano a lungo a mezz’aria. Erano già determinati quando essere determinati era fuori moda. Hanno costruito la loro corazza ed eccola che riluce sotto gli occhi di tutti.

È questo che significa essere ‘bold’?
Forse.

Essere bold è mostrare un’anima schietta, sfidare il mondo a testa alta, alla pari. Le persone ‘bold’ non sono farfalle da collezione, non amano la moderna ossessione di misurare tutto in base a parametri banali.

Cos’è bello?

Cos’è vero?

Concetti profondi che poco hanno a che fare con la matematica.

Il loro territorio agonistico sono i legami più puri, intanto.

E la facilità nell’apprezzare i gusti più veri, come quello di Bulldog, il gin dal collo della bottiglia iconico, come un collare borchiato. E poi il suo colore trasparente brillante, la sua personalità e il suo carattere audace sono uno scacco matto in ventidue mosse alla prevedibilità della vita.

Se la vita è il caos di Pollock, loro gli cambiano i connotati attraverso un acuto bagliore.
Il bagliore chiaro di chi sfida la paura e vince.
La trasparenza di chi sa andare oltre se stesso e conquistare vette mai toccate.
Non manca mai quando c’è gente destinata a restare.

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The Spiritheque