Grand Marnier

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presenta

Grand,
quando tutto
era petit.

QQuesta è la storia di un’esclamazione, di un nome strillato con stupore ed entusiasmo nel 1894 da César Ritz, re degli albergatori, albergatore dei re.

Immaginatelo seduto su una sedia rivestita in morbido velluto rosso, dalla struttura d’un nero lussuoso e lucido, nel momento che segue il primo indimenticabile sorso di un nuovo liquore, un’alchimia unica di pregiato cognac e arance esotiche, prodotto dall’intuizione fantasiosa di Louis-Alexandre Marnier Lapostolle.

Immaginate i suoi occhi increduli, i suoi sensi prima disorientati e poi sorpresi.

Immaginate questa frase risuonare per la hall dell’albergo, il Savoy Hotel di Londra, a pochi passi da Leicester Square, e poi prendere il largo sul Tamigi, arrivare a Parigi sulla Senna, in place Vendôme, avvitarsi attorno alla Torre Eiffel,

passare sotto

l'Arco di Trionfo,

srotolarsi lungo les Champs-Élysées, volteggiare di fianco a Notre Dame e rimbombare nei Jardin du Luxembourg e in tutti i vicoli della Ville Lumière, quando nella Ville Lumière era tutto petit: le petit journal, le petit café, le petit palais.

Tutto troppo petit per un’invenzione che sapeva già di grandezza, al palato, ma anche nelle ambizioni.

“Grand Marnier!” disse César Ritz. “Grand Marnier!”

A ben guardare,
sin dalla sua nascita,

Grand Marnier

non aveva niente di petit.

Pensiamo alla pubblicità, un termine apparentemente ambizioso per i tempi, eppure così vivo e presente nella mente di Louis-Alexandre Marnier Lapostolle, tra i primi a intuire l'importanza di affiancare la sua preziosa creazione alle celebrità di allora, come grandi attori, certo, ma anche regnanti, per far breccia nei casinò, nelle località termali, navi da crociera, teatri, e tutto quel Bel Mondo, così avido di vita e desideroso di essere al centro del jet set internazionale, osservato attraverso le lenti soffiate dei loro bicchieri.

E poi arrivò l’intuizione delle bottiglie decorate da artisti contemporanei, senza mai separarsi dall’iconografico Cordon Rouge, quel nastro rosso che era simbolo, ormai, dell’autenticità di un liquore senza pari.

Era sulla bocca di tutti, il Grand Marnier, apprezzato dalle donne nel dopo cena, nei premi ottenuti nelle Expo Universali, nel lustro delle campagne art nouveau, per la bottiglia così sinuosa, originale e per il gusto intrigante e mai banale.

Un fascino che arriva ovunque, dai caffè più importanti delle capitali d'Europa, al mondo esclusivo delle città più belle e cosmopolite, ovviamente passando per le inconfondibili strade parigine, che nel tempo hanno accolto i passi di artisti, scrittori e poeti.

“Grand Marnier!” disse César Ritz. “Grand Marnier!”

Lentamente, con gli anni, tutto ciò che a Parigi era petit ha lasciato spazio alla grandeur: il Grand Palais, le sontuose Gare de Lyon e Gare d’Orsay e, più tardi nel tempo, le Grande Arche, alla Défense, tutti simboli internazionali di estro e grandezza.

Paris est tout petit, diceva Prevert.

Basta un sorso di

Grand Marnier

per assaporarne la grandezza.

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