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presenta
La Ballata
LL’anno è il 1909, la serata è di tarda estate, una di quelle che fanno da culla a placidi pensieri che amano galleggiare nella fresca brezza notturna. Il posto è Rothes, nella regione dell’Aberlour, un posto a Nord, molto più a Nord di Sua Maestà.
Il paese è in fibrillazione, di bocca in bocca è giunta la notizia che James Scott Skinner, noto violinista, è in città. Qualcuno dice che si esibirà in un pezzo inedito e le aspettative crescono a dismisura. È vero che Rothes è una città di onesti lavoratori, ma se c’è da ascoltare della buona musica e danzare dopo una giornata di duro lavoro, siate pur certi che risponderà alla chiamata.
Infatti il centro città è ricolmo di passanti, il locale dove si dovrebbe esibire Skinner non riesce a contenere neanche un filo di paglia in più per quanto è stipato. L’aria vibra di trepida attesa, uomini e donne sparsi nella sala sperano di ascoltare un nuovo pezzo del noto compositore. Il sipario, chiuso e immobile, sembra vibrare per un solo secondo. Tutti trattengono il fiato per un istante che sembra durare una battuta di quattro quarti.
I due drappi rossi si schiudono come petali. Dalla penombra spunta una sagoma di violino perfettamente lustrato. Prima di vederne il resto, se ne ode il suono dell’accordatura. Una voce fende l’aria immobile:
il mio nome è
...e stasera vi farò ascoltare un nuovo pezzo. È dedicato a quel whisky che molti di voi, vedo, stanno già bevendo e che in questa città viene prodotto. Questo brano è dedicato al mio amico fraterno James Grant: è composto da tre movimenti, tre come le storie che ne hanno ispirato la composizione. Ora bando alle ciance e via alle danze!”
I MOVIMENTO – le dita scorrono veloci lungo il manico ad un ritmo crescente, il pianoforte accompagna la partitura con un movimento solido, veloce, ritmato...
È veloce, J. Scott Skinner, mentre esegue l’overture, veloce come l’innovamento tecnologico che imperversa nei primi anni del ‘900. I cambiamenti sono la misura dell’intelligenza di chi li accoglie quando li reputa necessari. E James Grant, lui sì che era avvezzo ai cambiamenti, alla tecnologia. Sempre avanguardista, sia quando ci fu da portare a Rothes la prima automobile sia quando decise di ideare e mettere a punto un nuovo metodo di distillazione in sei passaggi, unico per il suo tempo. Talmente unico che da lì a breve fu utilizzato da tutti i produttori di whisky scozzesi.
II MOVIMENTO – l’archetto pizzica le corde, facendole stridere e cantare nella lingua universale dei violini. Il pianoforte questa volta segue la melodia, se ne discosta quel minimo per renderla portante, facendola sbocciare definitivamente e rendendola protagonista.
Fiorisce nelle orecchie degli astanti, nei cuori di chi ascolta, scaldandoli e inebriandoli. Fiorisce come fiorì la passione di James the Major Grant per la botanica, un amore nato nelle distillerie, dove apprese a riconoscere e a selezionare il miglior malto scozzese. Fu quello l’ingrediente che ne determinò il suo successo. Quello, insieme all’acqua purissima della Highlands scozzesi, permise a The Glen Grant di trovare quell’aspetto giallo paglierino e quel sapore elegante, aromatico e fruttato, che mantiene in modo autentico ancora oggi.
III MOVIMENTO – siamo all’apice della sonata, Skinner ondeggia sotto lo sforzo della musica, il volto tirato e concentrato nell’assolo di violino che precede il finale. Il piano sembra tacere per qualche istante.
Tace, come tace finalmente il distillato lasciato a riposare nelle botti di rovere. Riposa nella pace di un ligneo giaciglio, dopo essere stato distillato dolcemente, sotto gli occhi attenti di James Grant. Riposa in botti impilate non più di tre alla volta, l’impostazione perfetta per lasciarlo respirare e dargli quel
The Glen Grant verrà ballata e ricordata per tanto tempo ancora.