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Canta, Cantastorie
HHo sempre amato le storie.
Come gocce d’oro ardente impreziosiscono la vita, la riempiono di senso, restituiscono luce alla curva oscura del mondo, lo rendono pieno, ricco, sopportabile. C'è qualcosa di magico, di miracoloso nelle storie.
Ecco perché le cerco, le scrivo, le racconto.
Anzi: le ho cercate, scritte, raccontate.
Chi sono?
Ho le storie dentro, e sono dentro la storia di Campari da un secolo, ormai. Mi ha voluto Davide Campari in persona, un uomo illuminato, un pioniere nella comunicazione dei suoi spirits tra prosa e illustrazioni. Proprio da questo incrocio d’immagini e parole nasce nel 1927 il progetto che porta il mio nome, una pubblicazione settimanale sull’inserto letterario del Corriere della Sera, e poi come cinque raccolte a cadenza annuale.
Se mi guardo indietro, vedo le migliaia di parole che negli anni si sono riempite d’inchiostro, sono diventate forti, robuste sotto il mio nome. Ma non ero io a formulare quelle parole, a dare ritmo al fraseggio. Io ero la voce, ma Renato Simoni, drammaturgo e critico editoriale, aveva la penna. E le illustrazioni di Ugo Mochi, Sergio Tofano, Primo Sinopico e Bruno Munari facevano il resto.
Un’operazione, nel suo complesso, che mirava a diffondere cultura attraverso la comunicazione pubblicitaria, divulgare il bello, l’alto, con lo stesso lavoro attento e artigianale che aveva contraddistinto gli albori del marchio Campari.
Se le pubblicità procedevano per cartelloni e canzoncine, io ero il simbolo della rivoluzione perdurante e costante che Davide Campari ha cercato, preteso e trovato ogni singolo giorno della sua vita per raccontare il lavoro straordinario che dava corpo e anima alle sue creazioni.
Le parole insegnano cosa amare, chi ammirare, cosa provare, dove correre e per chi combattere.
E io, come Cantastorie, posso vantarmi di aver parlato a lungo di tanto, di tutto: del valore e della forza, di donne e di uomini, di natura e di vita.
S’apre nel monte, e, giù, profondamente
scende, fresco e muscoloso un ampio speco.
Ivi, chi parla ad alta voce, sente
che le parole sue ripete l’eco;
Ma nel crepaccio delle rime c’era anzitutto l’amore.
Non esiste Cantastorie che non sappia cantare l’ardore, la gioia dell’incontro, due cuori che si affrontano. L’amore spezza l’individuo, introduce nella sua anima un corpo estraneo e da quel momento tutto germoglia e riprende colore. Questo si cantava, e di queste parole, in rima, si riempivano pagine ogni settimana.
Ogni volta lasciavo una traccia, un tratto di vita, un frammento di verità e un capitombolo d’ingegno. Perché se è vero che tra le rime c’era una storia, nella metrica c’era anche Campari. Nell’ultimo verso, inserito morbidamente tra le ali della prosa.
Era un maestro della comunicazione, Davide Campari, aveva gli occhi allenati alla bellezza, al gusto, alla capacità di persuasione che si fa arte. E sapeva bene che la parte più importante di una storia è nel finale.
Ma succedono in quel muscoso speco,
dei fenomeni più straordinari!
Basta gridare:
perché l’eco ci risponda