Un viaggio lungo 160 anni.

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Un viaggio
lungo 160 anni.

LL’arte il fiato te lo toglie. Senza vie di mezzo. Nessuno deve pensare che l'Arte sia un caldo libeccio: a volte è un tremendo uragano. Bisogna farsi trasportare, trascinare e, mentre succede, sorridere e basta.

Ed è quello che accade uscendo dalla Galleria Campari, dopo un giro durato un’ora o forse più di un secolo e mezzo.

Ma non è finita, perché il percorso continua.

Continua per te, giovane studentessa di Belle Arti: ti sei preparata a lungo per questo, è una vita che lo fai. Sin da quando, in tenera età, restavi a bocca aperta sfogliando velocemente le pagine del tuo libro di arte che ti portavano in un battibaleno dal Mosè di Michelangelo al Secondo Futurismo di Depero.

Ma non è il momento di perdersi nei ricordi di qualche lettura. Controlli l’ora di sfuggita: è tardi, la Galleria ha chiuso ma non i Giardini.

Il tour continua.

Esci nell’aria fredda e ferma di ottobre.

Ci sei solo tu

immersa in quel verde
così curato

Ma è come se non fossi da sola. Con la coda dell’occhio, scorgi in lontananza una figura che scompare dietro un arbusto. Un altro, ritardatario, visitatore? Così come questo pensiero ti tocca, subito si scioglie come neve al sole.

Continui a passeggiare e sobbalzi nell’udire una voce alle tue spalle - Signorina, a breve chiudiamo. Non le voglio mettere fretta perché l’Arte è paziente, e sa aspettare, ma mi permetta di darle un consiglio per chiudere al meglio la sua visita: prenda questo – Il custode ti consegna con premura un tablet che scruti con sorpresa.

Lo guardi e scorgi in lui un sorriso rassicurante, caloroso. Un uomo dalla folta barba striata di rame, zigomi alti, occhi curiosi ed attenti. Ne noti per la prima volta la corporatura e giuri che sia uguale alla figura che hai visto sparire poco prima. Lasci perdere queste riflessioni forse superflue ed afferri il tablet con entrambe le mani.

Ringrazi, ti volti e ti guardi intorno: il Giardino è ancora lì di fronte a te, immerso nel suo verde. Ti soffermi sul fruscio delle foglie e solo un attimo dopo ti accorgi che il custode è sparito.

Non ci pensi più di tanto perché ora i tuoi occhi sono per il dispositivo. Ti siedi su di una panchina, immersa nel silenzio e nella quiete di chi ha trovato la pace dopo la tempesta.

Il piccolo schermo si illumina di blu. Un vortice di immagini, video, ricordi in bianco e nero, grafica futurista, manifesti, opere d’arte, marchi, bicchieri e colori ti cattura.

Tutto comincia con

Gaspare
Campari

che inventa l’aperitivo rosso nel 1860. Segue il primo stabilimento del 1904, il Camparino in Galleria Vittorio Emanuele a Milano nel 1915 per non parlare degli artisti da sempre coinvolti: Hohenstein, Dudovich, Depero, Cappiello, Fellini, Nespolo. E poi, sul finire del secolo, le prime acquisizioni, con Cynar, Crodino e Cinzano, la formula del vermouth di Torino dal 1757. Arriva il calendario Campari e con esso anche la vodka SKYY, limpida come il cielo di San Francisco. Da Padova arriva Aperol, marchio storico, come storico è lo Spritz, che prende il volo dal Veneto in tutto il mondo.

I tuoi occhi non si staccano dallo schermo.

Dallo Speyside, in Scozia, si aggiunge Glen Grant, uno dei migliori whisky single malt e dal Kentucky il bourbon per antonomasia: Wild Turkey. Anche il gusto dell’agave messicana atterra in Campari Group, con la tequila Espolòn. E ancora Appleton Estate dalla Giamaica, dalla Francia il gusto prelibato di Grand Marnier e tanto altro, molto altro.

Alzi di nuovo gli occhi e la tua vista è attratta da un labirinto di siepi. È proprio di fronte a te a pochi metri, ma sembra che prima non lo avessi scorto.

Tablet alla mano, ti alzi e ti dirigi verso quell’opera di botanica che non riesci a non ammirare. Sei attratta dal mistero che viene segretamente racchiuso da quello scrigno di arbusti e radici e, finalmente, entri.

Davanti a te, la scorgi.

Un’opera marmorea, imponente, orgogliosamente posta al centro di quel simmetrico labirinto.

Il tablet ti invia una notifica, si accende di nuovo e cominci a leggere.

Infinito
Campari

una scultura realizzata da Oliviero Rainaldi a partire da un unico blocco in marmo bianco di Carrara del peso di 74 tonnellate. L’opera è ispirata alla buccia d’arancia che avvolge lo Spiritello di Cappiello. È posta all’interno di un intricato recinto di siepi concentriche che, se viste dall’alto, formano un una composizione elegante e subito riconoscibile: quella dell’infinito."

Sei nell’occhio dell’uragano ora, dove intorno il mondo sfuma indistinto in un vortice burrascoso mentre al centro regna equilibrata la pace.

Persa nella sinuosità delle linee e in questo senso profondo di infinito, prendi un attimo di fiato. Il mondo ritorna al suo posto, dove è sempre stato. Infinito Campari ti si para di fronte, in tutto il suo maestoso silenzio. Guardi l’orologio che noncurante di tutto, ha continuato incessantemente a ticchettare. È tardi, è ora di andare, casa ti aspetta. Mentre ti avvii verso l’uscita, getti un’ultima occhiata alla scultura e ti lasci rapire ancora una volta. Mentre volti lo sguardo, vedi in lontananza, poco fuori dal labirinto di siepi, la figura che avevi scorto prima.

Oppure era il custode?

L’uomo guarda la ragazza andare via, la vede posare il tablet prima di uscire. È soddisfatto.

Anche oggi, da 160 anni a questa parte, la sua eredità non andrà persa.

Il suo amore smisurato per l’arte è ancora condiviso dalle nuove generazioni. Anche se i mezzi sono cambiati, lo spirito dell’arte è rimasto immutato. Tira fuori dal pastrano il suo orologio da taschino.

È tardi anche per lui ed è costretto ad andare via, i Giardini sono oramai chiusi. Poco male, dice tra sé e sé. Tornerà il giorno dopo, come fa da più di un secolo.

Lui è sempre
Davide Campari,

del resto: sarà di nuovo qui anche domani, sempre pronto ad accogliere quei curiosi che vogliono intraprendere un viaggio di scoperta e che, lasciandosi affascinare da segreti nascosti, si lasceranno ispirare dall’infinito che li aspetta.

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The Spiritheque

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