presenta
Alla maniera
del conte Negroni
UUn attendente del bar: “Fosco, un americano alla maniera del Conte Negroni, per me e per il mio ospite.”
“Subito, Signore.”
“Vedi Fosco? Basta osare un pochino e le persone si innamorano del diverso, del nuovo, dell’inedito. Sono le variazioni sul tema che rendono una cosa unica: pensa alla musica classica, per esempio. Il vero valore aggiunto lo dà il violinista ribelle."
“Avete ragione Conte, non ne dubito, ma io sono un barista, io mi intendo di miscele. E di persone. E di persone miscelate con le proprie storie.”
“A proposito di storie, ti ho
raccontato di quando facevo il
cowboy nel Wyoming?”
“Sì Conte, quando avete portato le bestie in Canada, ai mercati del Saskatchewan. Credo di conoscerla ma raccontatemela ancora, vi ascolto, sono sicuro che riuscirete a renderla ancora interessante con nuovi particolari.”
“E della mia scuola di scherma su Madison Avenue a New York?”
“Anche di quella, Conte.”
“Di come ho conosciuto Anta? La mia amata Anta*?”
“Quella, Conte, è una delle vostre storie migliori: ogni volta che la raccontate vi illuminate d’amore.”
“Ma allora Fosco mi sembra evidente che parliamo sempre di me, e mai di te. Raccontami: come sei finito qui al Café Casoni?”
“Non credo sia una storia interessante, la mia, Conte.”
“Avanti, dammi qualcosa di inedito da raccontare agli amici che sto per raggiungere al salotto del Grand Hotel, la storia di un eccezionale barman aperto alla sperimentazione. Regalami una storia che non conoscono, le mie avventure le conoscono già fin troppo bene.”
“Potrei forse raccontarvi della prigionia. Ma potrei anche non farlo, considerata l’infelicità di quel periodo.”
“Quindi non mi hai ancora dato la storia interessante che ti ho chiesto, però.”
“Beh, Conte, potreste raccontare che passate di qui ogni giorno alla stessa ora, ammaliate tutti con un aneddoto, sorseggiando un americano alla vostra maniera. Un “Negroni”, come hanno cominciato a chiamarlo gli altri clienti del Café Casoni. Lo sapevate?
Avete inventato un cocktail.
Un cocktail di cui, sono sicuro, si parlerà ancora tra cento anni! Questo potreste raccontare ai vostri amici.”
“Ma Fosco, non dire sciocchezze. Io ti ho solo chiesto di modificare col gin il mio cocktail, ispirato dall’ultimo viaggio londinese. Tu hai deciso di accontentarmi.
Gin, Vermouth e Campari:
così semplice, così complesso. Sotto gli occhi di tutti, ma non alla portata di tutti.”
“Sono sempre felice di accontentarvi e di fare tutti i cambi di ingredienti che chiedete.”
“Però attenzione, mio caro barman, c’è un ingrediente che non cambierei mai: Il Campari. Campari è il cuore rosso dell’Americano e anche dell’invenzione, come la chiami tu, di questo nuovo cocktail. Fosco, hai compiuto un miracolo!”
“Addirittura un miracolo, non esagerate! Questa modifica parla proprio di voi, e giustamente gli altri attendenti del bar chiamano la nuova miscela col vostro nome: Negroni.”
“Chiedono “un Negroni”…
Questa sì che è una bella
storia da raccontare, Fosco!”
“Ma, perdonate se mi permetto, non siete in ritardo per il vostro appuntamento?”
“I miei amici possono aspettare ancora un po’. Quando ci sei tu mi trattengo volentieri, sei un ottimo ascoltatore.”
“Caro Conte, i baristi sono i discendenti di alchimisti e cantastorie. Cambiano a seconda di chi sta loro davanti. Sono indovini e inventori. Sono psicologi e confessori: i baristi ascoltano le storie degli avventori e ne trasformano le parole in miscele.”
“E tu Fosco, sei così, come il nostro
Negroni
Complesso, signorile, avvolto
da un risoluto mistero.”
*Durante il soggiorno americano il conte incontrò Antonietta “Anta” Zazworka, emigrata da Praga negli Stati Uniti, che sarebbe divenuta sua moglie nel 1903.
Racconto liberamente ispirato da “Negroni cocktail. Una leggenda italiana” di Luca Picchi, 2015 Giunti Editore S.p.A..