
presenta
La Luchadora
IIn quanto giornalista giro il mondo a caccia di storie. Fu così che all’inizio della mia carriera venni mandato in Messico dal mio giornale per scrivere un articolo sulla lucha libre.
La lotta libera messicana, spesso combattuta in luoghi clandestini, non facili da scoprire.
E quale posto migliore per raccogliere informazioni se non il bancone di un bar?
centro storico.
Eccomi al Cafè del Artista, il locale più popolare situato nel colorato quartiere chiamato El Barrio del Artista. In mano il mio inseparabile taccuino rilegato in pelle dove annoto tutto.
Era la voce di una donna a pronunciare queste parole.
Una donna che serviva da bere dietro al bancone.
Mi aveva inquadrato subito.
Io annuii.
“Prova questo - disse - È la nostra storia, una storia che nasce qui a Puebla... è fatto con i nostri poblanos, i tipici peperoncini di Puebla essiccati al sole.”
Bevvi un piccolo sorso della bibita viscosa dal colore bronzeo. Quella curiosa bevanda sorprese piacevolmente il mio palato: l’intensità del piccante subito seguita da una freschezza inaspettata, gli aromi di cacao e cannella ben percepibili e il finale dolce e acidulo del tamarindo avevano attivato in me delle sensazioni mai provate prima.
Ne assaporai un altro po’. Le confessai che ero venuto in città per la lucha libre ma lei sembrò ignorare questa frase e mi mostrò una bottiglia dal colore rosso come il fuoco, la scritta
e la data 1927, continuando il suo racconto con orgoglio.
“...noi messicani ci teniamo molto alle tradizioni, viene prodotto tutto manualmente: dalla raccolta dei peperoncini fino all’etichetta sulla bottiglia. Ma è un processo che richiede molto tempo: dopo la raccolta i peperoncini vengono fatti essiccare al sole per circa 15 – 20 giorni, poi vengono tagliati a mano ed infine vengono lasciati in infusione nel distillato di canna da zucchero per sei mesi, con spezie e aromi vari...”
Mentre prendevo appunti sul mio taccuino mi disse che ora che conoscevo la storia del loro tradizionale liquore piccante, ero pronto per un’altra storia, quella che dovevo scrivere per il mio giornale. Con queste parole la barista mi allungò un pezzo di carta scarabocchiato a mano: c’era un orario e un indirizzo.
Il giorno dopo mi addentrai nel cuore pulsante di Puebla, diretto all’indirizzo che avevo ottenuto, percorsi i vicoli del Barrio degli Artisti, fuori da un locale campeggiava il ritratto de La Luchadora, l’idolo del quartiere in fatto di combattimenti di wrestling.
Entrai. Il match era iniziato da pochi minuti.
Finalmente sapevo dove si tenevano gli incontri e ne restai affascinato sin dal primo istante.
La Luchadora era fantastica sul ring, la sua maschera dai colori sgargianti a celarle parte del viso. Mi intrigava.
Mi feci largo tra la folla esultante per poterla ammirare più da vicino e avrei giurato che anche lei, per un breve istante, avesse ricambiato il mio sguardo.
Forse fu solo frutto della mia immaginazione, ma ero quasi certo che quegli occhi scuri e profondi avessero frugato rapidi per tutto il pubblico, indugiando finalmente nei miei.
Era come se sperasse di trovarmi lì, a tifare per lei.
La sera ritornai al Cafè del Artista.
La barista mi accolse come si fa con un vecchio amico.
Mi sorrise e incrociammo gli sguardi.
Una smorfia del viso, uno strano luccichio negli occhi.
Lo stesso sguardo profondo e penetrante che aveva la donna che solo alcune ore prima avevo ammirato volteggiare sul ring.
Fu come una rivelazione improvvisa.
Ma non poteva essere lei La Luchadora.
O forse si?
La donna che mi stava versando da bere e l’eroina mascherata erano la stessa persona?
Non riuscivo a scrollarmi di dosso quella sensazione.
“al tuo futuro nel giornalismo allora! – disse sollevando la mano che reggeva il bicchiere colmo del prezioso liquore messicano.
“...quindi hai tutte le informazioni per scrivere il tuo pezzo adesso?”
Alle sue spalle, nascosta dietro la bottiglia di Ancho Reyes, qualcosa di colorato e lucente catturò la mia attenzione: era la maschera de La Luchadora.
“sì, e non avrei potuto chiedere niente di meglio...”
Sollevai nuovamente il bicchiere per proporre un nuovo brindisi.
Lei fece lo stesso.